Nel clima di incertezza politica che da settimane attraversa il Comune di Avellino, il consigliere di minoranza Rino Genovese interviene con toni netti e riflessioni articolate. Il suo intervento, diffuso questa mattina, si configura come un atto politico ben preciso: denunciare l’attuale assetto amministrativo e al contempo avanzare una proposta alternativa, temporanea ma ambiziosa.
«È matematicamente evidente che questa amministrazione potrebbe sopravvivere solo con l’appoggio del Partito Democratico», esordisce Genovese, che non esita a definire tale eventualità «un delitto politico perfetto, un tradimento nei confronti di tutti gli elettori avellinesi».
Il tradimento, nella visione del consigliere, sarebbe plurimo. «Gli elettori del centrosinistra avevano scelto di votare Gengaro proprio in alternativa a Nargi; gli elettori del patto civico, che al ballottaggio avevano appoggiato Nargi, sono rimasti delusi da un sogno subito svanito, perché tradito: quello di riunire tutte le coalizioni civiche. Persino gli elettori di Nargi, che evidentemente desideravano una continuità con l’amministrazione Festa, si ritroverebbero di fronte a una situazione ben diversa».
Il giudizio si estende anche alla tenuta istituzionale dell’ente. «Sarebbe un tradimento anche nei confronti della legge elettorale, che prevede premi di maggioranza per garantire la governabilità: e invece ci troveremmo con una maggioranza risicatissima».
Da qui, la definizione del momento come «un papocchio politico», in cui – sottolinea Genovese – «il Partito Democratico governerebbe insieme a Forza Italia». Una formula che, a suo dire, sancirebbe «il tradimento di tutto e di tutti».
Alla retorica della responsabilità, spesso evocata nei momenti di crisi, il consigliere risponde con una proposta concreta. «Da più parti si invoca un senso di responsabilità da parte dei consiglieri, e io credo che il più grande senso di responsabilità debba appartenere proprio a loro. Non dovrebbe essere innanzitutto il sindaco a dimettersi, per senso di responsabilità?».
Constatando che tale gesto non è stato compiuto, Genovese rilancia: «Avanzo una proposta. Riuniamoci tutti per dar vita a un’amministrazione di scopo a termine, della durata massima di sei mesi, che possa deliberare — anche in un solo consiglio comunale — quei provvedimenti urgenti di cui tanto si parla».
Una soluzione temporanea, dunque, ma finalizzata a sbloccare la macchina amministrativa. «Ritengo che qualunque commissario straordinario sarebbe in grado di deliberare in maniera più rapida ed efficace di un’amministrazione in queste condizioni».
La proposta si fonda su alcuni punti cardine: «Serve un programma semplice, chiaro, di pochi punti, condiviso. Ma soprattutto serve un innesto esterno di altissimo profilo. Solo così posso avere la certezza di parlare con persone realmente interessate al bene della città».
Infine, Genovese pone un discrimine netto tra politica e interesse personale: «Se, invece, l’obiettivo di alcuni consiglieri è semplicemente ottenere una nomina ad assessore, allora non stiamo parlando del bene comune, ma del tornaconto personale».
Parole che, certamente, non lasciano margini all’ambiguità, e che pongono interrogativi destinati a rimanere sul tavolo nelle prossime settimane, quando Avellino dovrà decidere se imboccare la via del commissariamento, della sopravvivenza politica o di una transizione diversa. Qualsiasi cosa accadrà, però, dovrà avvenire nel minor tempo possibile.
